Il Sahara Occidentale è un territorio di circa 266.000 Kmq che si affaccia sull’Atlantico per un migliaio di chilometri, confina con il Marocco, l’Algeria e la Mauritania. E’ in gran parte desertico, ma ricchissimo di risorse minerarie (soprattutto fosfati). Le coste sono pescosissime. I suoi confini sono convenzionali, poiché seguono in parte l’andamento dei paralleli e dei meridiani, tracciati dalle diplomazie europee in seguito alle decisioni della Conferenza di Berlino del 1884/85.I Saharawi sono nomadi, di origini Maqil provenienti dall’oriente arabo che sono entrati progressivamente in simbiosi, dal XIII secolo in poi, con i berberi.
Verso il 1433-1434, il portoghese Gil Eanes toccò per la prima volta la costa dell’attuale Sahara Occidentale.
Nel 1884[2] la Spagna dichiarò sotto la propria protezione la regione del Rio de Oro e la conferenza di Berlino nel 1885 ne riconobbe la sovranità. La Spagna iniziò ad occuparsi della Regione solo agli inizi del ‘900, sollecitata dall’avanzata francese in Algeria, in Mauritania e in Marocco. Con le convenzioni di Parigi del 1900 e 1904 e di Madrid del 1912 si arrivò alla definitiva delimitazione dei confini del possedimento spagnolo e nel 1934 il territorio Saharawi diventa una colonia chiamata Sahara spagnolo. L’amministrazione spagnola attribuì alla popolazione uno stato civile, un documento di identità e l’obbligatorietà di un visto per la transumanza in territori francesi. Azioni che consolidarono l’auto identificazione della popolazione autoctona e la presa di coscienza di una propria identità nazionale[3]. In questo periodo storico, figure religiose (Cheick) come Ma El Ainini, fondarono Smara, rendendola centro religioso e politico e si formarono i primi moti indipendentisti Saharawi che furono repressi militarmente dalla Spagna. La scoperta dei giacimenti di fosfati di Bora Craa poi, intensificò lo sfruttamento economico e il predominio spagnolo e francese nei territori. Dopo la seconda guerra mondiale, la resistenza Saharawi guardò con speranza la richiesta di indipendenza del Marocco e la guerra (1957-58) contro la presenza coloniale spagnola[4].
Nel l960[5]1’Assemblea Generale dell’ONU riconosce il diritto dei popoli all’autodeterminazione e nel 1963 anche il Sahara Spagnolo viene incluso nella lista dei territori cui tale principio deve essere applicato. In quegli anni fu fondato dal giornalista Mohamed Bassiri un movimento di resistenza civile al colonialismo, successivamente Movimento di Liberazione del Sahara (MLS).
Nel 1966 la risoluzione Onu la n. 2/229 sollecita la Spagna a riconoscere il diritto all’autodeterminazione.
Nel 1970 i militanti del Movimento, diventano oggetto di una durissima repressione con morti e centinaia di arresti tra cui lo stesso Bassiri. Dopo altre 5 risoluzioni Onu, la n. 2/293 del 1972, ribadisce il diritto, per la prima volta, inalienabile all’indipendenza del Popolo Saharawi.
Nel maggio del 1973 un piccolo nucleo di nazionalisti Saharawi costituisce il Fronte Polisario (Fronte di Liberazione di Saguiat – Al – Hamra e Rio de Oro). Il nome di Fronte vuole esprimere l’opposizione, un “far fronte” al colonialismo.
Nell’agosto 1974, il governo di Madrid informa il Segretario generale dell’ONU dell’intenzione di tenere un referendum, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, entro i primi sei mesi dell’anno successivo, e nell’autunno del 1974 procede al primo censimento della popolazione mentre il Marocco chiede alla Corte Internazionale di giustizia che gli venga riconosciuto il diritto di sovranità sul territorio Saharawi.
Nel 1975 la Corte emette parere favorevole all’autodeterminazione. Il Marocco organizza la prima Marcia verde nel nord del Sahara Occidentale, che definisce marcia “popolare” di occupazione pacifica formata da 350.000 persone, reclutate in tutto il Paese e munite di una copia del Corano e bandierine verdi (il colore dell’Islam). Da qui l’appellativo di “marcia verde” dato all’operazione che celava una vera invasione alla quale erano presenti forze di polizia e militari. La Spagna[6] si ritira dal Sahara occidentale lasciandolo nelle mani del Marocco e della Mauritania. La preoccupazione principale del Polisario diventa la protezione della popolazione civile dagli attacchi dell’esercito marocchino e respinge militarmente l’occupazione con l’obiettivo di accompagnare la fuga di migliaia Saharawi attraverso il deserto fino al confine algerino, dove, nei pressi di Tindouf, viene allestita una prima tendopoli di accoglienza. L’esodo avviene sotto i bombardamenti dell’aviazione marocchina.
Nel 1976 il 27 febbraio il Polisario decide di proclamare l’indipendenza e la costituzione della Repubblica Araba Saharawi Democratica (R.A.S.D.).
1979: non potendo sostenere le forti perdite umane ed economiche, la Mauritania si ritira dal conflitto. Il Marocco invece, raddoppia lo sforzo bellico per occupare tutto il territorio del Sahara Spagnolo.Il Fronte intende la sua lotta armata come una guerra popolare di liberazione- pertanto non ha mai utilizzato metodi di terroristici, né in Marocco né altrove. Nei primi anni ottanta il Polisario bussa a tutte le sedi internazionali all’inizio gli si aprono le porte dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA), poi dell’ONU; solo più tardi quelle del Parlamento Europeo.
1982: l’Onu accoglie la R.A.S.D. come 51 Stato membro. Il Polisario presenta la richiesta del referendum come unico strumento che possa risolvere la controversia. Aggira l’indifferenza o le dichiarazioni di impotenza dei governi svolgendo un lavoro capillare a tutti i livelli della società civile, illustrando la situazione dei profughi e chiedendo solidarietà sul piano dell’informazione e dell’aiuto materiale. Pur essendo il referendum accettato dalle parti, la situazione si congela: né l’ONU né l’OUA sono in grado di imporre una soluzione congiunta a causa dei ritardi dell’Europa, verso la quale si indirizza una grande manovra diplomatica del Marocco che aspira di farne parte.
1986, a dicembre la questione Saharawi approda al Parlamento Europeo.
1988: l’Onu avvia il piano di pace con l’appoggio dell’OUA.
1991: viene costituita la missione Onu per il referendum (Minurso). Reiniziano le operazioni militari marocchine nelle zone liberate. Salta il referendum.
1995: dopo tre anni di inattività e qualche mese di operazioni di identificazione per le liste elettorali, la Minurso non riesce a superare il boicottaggio delle autorità marocchine.
1996: l’Onu sospende le operazioni di identificazione e ritira il 20% del personale Minurso. Prime violazioni della tregua e intensificazione dell’attività militare al confine Saharawi-marocchino.
1998: salta nuovamente il referendum.
1999: dal cessate il fuoco (1991) e dall’intervento dei caschi blu, la selezione degli aventi diritto al voto viene ostacolata e ritardata dal Marocco che vuole allargare molto gli aventi diritto. Le liste – infine – vengono presentate dall’ONU ma il Marocco prima, pone una serie di ricorsi e infine, si pronuncia apertamente contro il referendum e per l’autonomia del territorio.
2001: Il primo piano di autonomia viene respinto dal Fronte Polisario.[7]
2003: un secondo piano, che prevede cinque anni di autonomia seguiti da un referendum di autodeterminazione, viene accettato dal Polisario e respinto dal Marocco.
2004: nell’aprile, il Marocco respinge definitivamente il piano Baker[8] e ritiene impossibile qualsiasi iniziativa che vada contro la marocchinità del Sahara Occidentale. Baker si dimette.
2005: dopo le ulteriori dimissioni del rappresentante De Soto, a fine Luglio viene nominato il nuovo inviato speciale dell’ONU per il Sahara Occidentale: l’ex-diplomatico olandese Peter Van Walsum. Capo della MINURSO è un italiano: Francesco Bastagli. Dal 21 maggio nei territori occupati del Sahara Occidentale è in corso una resistenza popolare, nonviolenta, per protestare sull’impossibilità di scegliere, con il referendum il proprio futuro, contro la violazione sistematica dei diritti fondamentali e l’occupazione della propria patria da parte del Marocco. La risposta delle autorità marocchine contro i manifestanti è stata violentissima: feriti, arresti arbitrari, tortura.
2010 Secondo Noam Chomsky[9], nel novembre del 2010 la protesta di un gruppo di saharawi ha dato inizio alle Primavere Arabe. Il 9 novembre, le forze di sicurezza marocchine facevano irruzione nel campo “della dignità” di GdeymIzik, vicino Laayoune – nel Sahara Occidentale, sorto soltanto un mese prima senza autorizzazione governativa. Il bilancio fu di 13 morti tra militari e civili, fra gli uccisi un giovane di 14 anni Nadyem El–Garh.
2012 viene pubblicato il rapporto del Kennedy Center nel quale si denuncia apertamente le violazioni sistematiche dei diritti umani nel territorio controllato dal Marocco.
2015: C’è un disincanto fra i Saharawi, tanti ritardi e lentezze dell’ONU hanno portato molte persone a perderne la fiducia. La situazione è di stallo e il referendum sembra un’utopia. Nel mese di dicembre[10]Christopher Ross, ammette l’impotenza politica. La Francia, che ha forti legami storici con il Marocco, si è sempre opposta richieste di azione delle Nazioni Unite contro Rabat esercitando il suo diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza. Ora Polisario è alla ricerca di nuovi modi per fare pressione per fare tornare il Marocco al tavolo dei negoziati.
2016 il segretario generale dell’Onu[11], visita il 5 marzo i campi dei rifugiati sahariani e i locali della missione Onu, presente dal 1991 con lo scopo di vigilare, principalmente, sul rispetto del cessate il fuoco tra Marocco e Fronte Polisario. Si tratta della prima visita di Ban Ki-moon dedicata al conflitto del Sahara Occidentale e alla ripresa dei negoziati diretti. Il 9 marzo (ANSA): Dopo la crisi diplomatica con l’Europa, sugli accordi agricoli e di pesca, il Sahara apre una nuova crisi, questa volta con l’Onu. Il segretario generale delle Nazioni Unite, BankKi-Moon ha visitato nei giorni scorsi la zona a sud del Marocco, ex colonia spagnola, annessa ai territori del regno ma dove da decenni il Fronte Polisario lotta per l’indipendenza. Durante la visita, il segretario Onu avrebbe usato il termine “occupazione”, per indicare la presenza marocchina. (…) Una offesa, dice Rabat, che non ha sostegno politico o giuridico e che non sarebbe altro che “un insulto al governo e al popolo del Marocco”.
Il 31 maggio muore il Presidente della R.A.S.D. Mohamed Abdelaziz. |